di G.D.
Fin dalla più alta antichità il dramma della passione di Osiride fu legato inseparabilmente al suo culto.
A Philae, il culto di Osiride ed Iside e la celebrazione dei loro Misteri durò fino al 380 d.C. quando l’imperatore di Bisanzio, Teodosio I, abolì tutti i riti pagani proclamando il cristianesimo quale religione ufficiale e obbligatoria dell’impero romano. Fu così che gli dei lasciarono la terra d’Egitto, come Ermete Trismegisto aveva predetto a suo figlio Asclepio: “… ci sarà un tempo in cui si vedrà che inutilmente gli Egiziani hanno onorato i loro dei con mente devota e con zelante reverenza… O Egitto, Egitto, dei tuoi culti solo i miti sopravvivranno, ed essi non saranno creduti dai tuoi figli! Solo alcune parole incise sulla pietra resisteranno per raccontare le tue opere di devozione…“[1]
Questa ammirevole longevità lascia capire come fosse possibile che i templi in cui si celebravano i Misteri fossero innumerevoli. Secondo Epifanio di Salamina (320-403 d.C.), al suo tempo si celebravano i Misteri nelle città di Memphis, Heliopolis, Sais, Peluse, Boubastis e Abydos.
Gli egiziani avevano fatto della leggenda osiriana un dramma sacro e spettacolare, eseguito dai sacerdoti, dalle sacerdotesse e dagli iniziati che interpretavano il ruolo del dio e dei suoi familiari; dramma che per gran parte si svolgeva in pubblico con la partecipazione del popolo, durante le cosiddette feste panegiriche d’Osiride.
Le cerimonie dei Misteri d’Osiride, che erano in realtà una successione di Misteri, si svolgevano durante tutto l’anno seguendo una sequenza ben definita legata ai vari episodi della leggenda osiriana e in particolare:
- Il Mistero della morte del dio
- Il Mistero delle sue peripezie dopo la morte e prima della resurrezione: lo smembramento del corpo, la ricerca, la scoperta ed i lamenti di Iside. La sepoltura.
- Il Mistero della rinascita e della resurrezione del dio
Chiaramente l’ultimo era il più importante di tutti.
I Misteri di Iside, amalgamati con quelli del suo sposo e fratello, consistevano nel contributo della dea alla ricerca, la scoperta e la ricostituzione del corpo d’Osiride. Iside era la grande dea iniziatrice, che con la sua scienza, la sua saggezza, i suoi lamenti ed il suo amore contribuisce, come principio femminino, alla rinascita e resurrezione osiriana. I misteri isiaci, d’altra parte, non solo contribuiscono alla resurrezione osiriana, ma preparano la venuta di Horus. I Misteri della dea sono intimamente legati a quelli del suo sposo: essi compongono la parte dei Misteri nei quali Iside è il personaggio attivo per eccellenza nelle cerimonie e, dato il suo ruolo dominante, si è finito per chiamare il rituale della passione di Osiride “Misteri di Iside”, la dea che conosce il potere di resuscitare le anime.
I Canti di Iside e Nefti, riportati nel papiro Bremner-Rhind[2], costituiscono dunque una parte importante nella cerimonia dei Misteri di Osiride.
Infatti i canti, i lamenti e le preghiere dovrebbero servire anzitutto a risvegliare, poi ad accompagnare, incoraggiare, spingere energicamente e guidare sul giusto cammino l’anima compiuta, l’anima osiriana che è invitata dalle invocazioni dell’anima cosmica, interpretata da Iside, a concludere il viaggio di ritorno che terminerà con l’apoteosi.
Tramite le nenie di Iside e Nefti, si allontana il male e la morte: “il suo male è allontanato dalle due piangenti di Osiride“[3]
Grazie ai lamenti il defunto è protetto: “Oh piangente che gridi ad occidente, proteggi il re (morto)“[4]
Grazie ai lamenti tutto il consesso di dei accorre e partecipa: “gli dei di Buto sono pieni di compassione quando, attratti dalle grida di lamento di Iside e Nefti, vengono da te, Osiride. Le anime di Buto si muovono per te, si strappano le carni per te, si strappano le braccia per te“[5]
I versi
Durante tutta la litania le due dee sollecitano ripetutamente il loro signore a venire: “Vieni tra noi coi tuoi attributi“[6], “Vieni in pace”, “Incedi tra noi”, ecc. Le loro invocazioni sono tese ad assicurare l’anima di non aver più nulla da temere, perché godrà della loro protezione, del loro amore e del loro aiuto per ottenere la forza necessaria alla sua evoluzione.
Gli appelli continuano e tendono ad incoraggiare l’anima, invogliandola sulle facoltà che può acquisire successivamente: “Vieni in pace, oh gran figlio di tuo padre Mentu![7] Nell’interno del suo tempio non temere: tuo figlio Oro ti vendica… Tu passi sopra il paese, sui templi splendidi delle due dee, Iside e Nefti: man mano che avanzi l’altezza della tua statura raddoppia”.
Ra ed Oro si identificano nella loro qualità di luce solare. L’anima, essendo luminosa, è protetta ed elevata dalla luce del Sole. Oro rende la forma ad Osiride dotandolo di conseguenza di luce, quella luce che è propria dell’anima osiriana. “Oro viene a te in forza; egli preleva le tue membra e raccoglie le tue emanazioni e le tue reliquie”.
Infatti il corpo di Osiride è stato smembrato da Set e pertanto, perché possa rinascere ed impregnarsi dei suoi poteri e delle sue facoltà, occorre che il suo corpo sia ricostituito. Col lavoro di Oro, Osiride resuscita ringiovanito, come testimoniato nel versetto successivo: “Vieni in pace, oh nostro signore, bambino“.[8]
Le due dee continuano ad invitare l’anima a proseguire il suo cammino: “Salve, tu che sei invocato nel tuo tempio, dove sei doppiamente protetto nella tua pace! Salve, salve a te! Il nostro signore arriva al suo tempio; le nostre braccia lo proteggeranno in fondo al suo tempio. Il nostro signore viene in pace al suo luogo: quando avrai preso dimora nel tuo tempio, non temere! Sì! Due volte lodato è il nostro signore, con acclamazioni, poiché grande è Dio. Vieni in pace e con verità; avanzati sotto Ra, possente tra gli dei, eletto!”.
Il tempio, il luogo nel quale Osiride è invitato ad entrare non è altro che Iside stessa o ciò che rappresenta, l’azione isiaca grazie alla quale si opera la fusione dei due principi maschile e femminile che daranno la vita all’anima compiuta.
In questo tempio si radunano tutti gli dei: “Viene al tuo tempio il coro degli dei in cerca di te, oh bambino, signore, primo artefice del corpo”. E tra questi si distingue la dea Nut: “Tua madre Nut viene a te in pace, essa ti ha emanato vita dal proprio grembo; L’anima rinnovata è resa doppiamente solida – è l’anima tua, oh maschio concepito”
L’anima è ora dunque divenuta vera, poiché è stabile e piena di vita celeste: l’apoteosi, la divinizzazione dell’anima è iniziata e si andrà ad esplicare nei versi seguenti. “Il grande erede che procede da Ra”, “Vieni al tuo tempio Osiride, e apri le vie agli Dei: tu apri i due occhi e getti il tuo sguardo su di loro”. Gli occhi simboleggiano i raggi solari, gettare lo sguardo significa allora illuminare gli dei: Osiride ora dissipa le nubi e dona la luce alla terra, poiché ora è divenuto “l’immagine di Ra”. L’anima osiriana è degna ora di mostrare l’Ureo sulla fronte quale simbolo di compiutezza divina: “Vieni col corpo dell’Ureo in testa: i due suoi occhi splendono sopra le due sfere degli dei”.
Gli ultimi versi chiudono l’apoteosi di Osiride e di ogni anima osiriana: “La tua anima vola ad oriente, poiché tu sei l’immagine di Ra. Gli abitanti dei regni dei morti ti accolgono con gioia: Geb, che vi si trova, te li apre”. Geb, dio della Terra, apre i cancelli del mondo inferiore. “Avanza come Ra; avanza come il discepolo dell’occhio di Tum… Guardate! Egli viene”.
Tum è il dio supremo e non manifesto della triade Tum-Amon-Ra, di cui Ra è la manifestazione fisica. Qualificare l’anima dunque come discepolo dell’occhio di Tum sta a indicare la sua glorificazione finale.
Conclusione
In questo breve excursus dei canti di Iside e Nefti si è cercato di dare un inquadramento del contesto in cui venivano utilizzati e dell’importanza che rivestivano all’interno dei Misteri degli antichi egizi, senza soffermarsi troppo sull’ermeneutica, ma dando unicamente degli spunti alla comprensione del testo.
D’altro canto, le traduzioni degli egittologi non sempre riescono a dare un’idea precisa del significato racchiuso nei geroglifici che, come in ogni lingua ideogrammatica, hanno diversi livelli di comprensione; per una corretta interpretazione occorre quindi sempre rifarsi al testo originale.
Ciò che comunque colpisce di più di questi versi è il sentimento profondo e sincero che li pervade: Il lutto per il perduto, la speranza di rivederlo, le grida accorate di aiuto, la fiducia nel divino e nell’amore. Sentimenti che sono parte della natura umana, tanto oggi che nei tempi passati e che ci fanno sentire più vicini i remoti abitanti del paese di Kem.
G.D.
NOTE:
[1] Ermete Trismegisto, Asclepio, 24.
[2] La traduzione completa dei Canti e dei Lamenti di Iside e Nefti si trova al seguente indirizzo: http://www.ilpapirodileida.com/documenti/testi-egizi/
[3] Testi delle Piramidi 308.
[4] Testi delle Piramidi 548.
[5] Testi delle Piramidi 1004-5.
[6] Coi tuoi attributi vuol dire con la tua forma fisica precedente la morte.
[7] Mentu sta per Ra. Nei testi egizi Osiride viene spesso definito e considerato figlio di Ra.
[8] Bambino sta per giovane di nuovo.