di Giuliano Kremmerz
DEDICA
Dedico a te, o Maria, esempio di inaudita fedeltà, queste pagine brevi, stampate, per volontà non mia, per iniziare ai secreti della tua anima ermetica i dotti fanciulli della ingenua umanità. Maga, sacerdotessa, zingara, cartomante, medichessa, astrologa, divina seduttrice ed ammaliatrice sempre, sei passata e passi anche tu attraverso al labirinto delle vittime di due estremi: la fede ignorante e la boria scientifica dei terrestri. Quindi non meravigliarti se la mia prosa sarà accolta come Calandrino di Messer Boccaccio in Mugello.
Non so ora, o Maria, dove ti trovi e quale maschera porti, ma questo libro ti arriverà lo stesso e con un sorriso eroico, quel famoso sorriso dei pasticcetti con crema di frutta, dirai:
“Toh! Parla un morto della tragedia storica che vissi e piansi in omaggio alla gratitudine dei popoli melensi, immemori di chi loro ha donato la libertà del non credere!”
E leggerai e vedrai le due figure che vi ho insinuate.
La prima è il ‘caracter adeptorum‘… una cosa che capiscono tutti al tempo che corre, nel quale anche gli agenti delle imposte studiano l’occultismo nei manuali della culinaria vegetariana. E se qualcuno non lo intendesse, basterebbe domandarne al primo dei filosofi iniziati che ci vengono a predicare il verbo credere da oltre alpe. Poiché la razza greco-italica è orbata di maestri di tali cose sublimi, emigrati nel campo psichico forestiero, per acquistare quel certo tonico scientifico che loro mancava, nel vecchiume cristallizzato dell’antica esposizione metafisica…. e per saperne la interpretazione giusta e moderna, anzi per penetrarne il mistero arcaico col lumicino filologico che ci fa difetto.
Sol voglio farti notare, o Maria, che intorno al circolo è scritto: “Non formido mori, voto melioris ovilia: Nam ante oculos mihi ceu in speculo stat vita futura”, che in lingua maccheronica, salvo complicazioni internazionali, vorrebbe dire che all’adepto sta innanzi agli occhi come in uno specchio la vita futura e che, quindi non si spaventa della morte pel desiderio di migliorare l’ovile. E quindi ancora, aggiungo io, vano per l’adepto di studiare questa morte che non gli fa paura e ozioso il parlarne per contentare i curiosi.
Alla leggenda esteriore va contrapposta una croce di quattro versetti, la più interna, i quali, dalla posizione della scrittura, si fanno supporre girevoli e si completano due a due
Crux abit in lucem – Lux deerit soli
Crux agit arte ducem – Dux erit umbra solis
oppure
Lux deerit soli – Crux abit in lucem
Dux erit umbra solis – Crux agit arte ducem
e nel mezzo di un cerchio interiore:
Ergo sibi simili constantia cardine quadrant
versetto che si vuol far precedere o seguire alle due coppie precedenti. Basta un latinista di ginnasio per non far capire lo spirito di quell’Ergo, ma per tradurre ci basta un bidello delle scuole regie.
Più critica è la seconda tavola: cavea sibyllarum.
Cavea vuol dire gabbia, recinto, platea o luogo? Guarda il fregio ovale che chiude la scena: non ti pare un serpente che non abbia capo e coda?
L’autore annota: “cavea sibyllarum, idest cavea virginum faticanarum“, cioè delle vergini indovine. Vergini? ma perché il lettore non prenda abbaglio soggiunge: “idest faemina vel puella” – cioè donna o fanciulla – “cujus pectus Numen recipit” – il petto della quale riceve il Nume. Anche qui un ostacolo: pectus è il petto, il seno, il cuore, l’anima, il sentimento? Dovresti, o Maria, spiegarlo tu, perché tu lo sai ogni volta che fai la vergine indovina donde ti escono “Dei sententias sonantes”, cioè le sentenze sonanti o vocali di Dio!
Come frontespizio al libro, vi ho fatto incidere la porta ermetica che sta nei giardini di Roma. Ti ricordi Roma, o Maria? La conosci bene, non dir di no, e sai che ha tante porte grandi e questa, piccola e bassa. La ho scelta perché certe scritte paiono fatte apposta per le opere che sto incubando pei secoli futuri, “quando i negri corvi partoriranno le bianche colombe”, vale a dire quando in Vaticano si farà colazione con due granelli di pietra filosofica con asparagi scientifici all’insalata – gli asparagi per prevenire la calcolosi.
Tu sorridi, o amica diletta, tu ridi…. Siimi serenamente giudice. Aspetto il tuo verdetto. Un fiore. Lo staccherai dall’albero della Genesi, lasciando che gli altri fruttifichino il bene e il male, che l’umanità, avanzando, raccoglie e digerisce. Conserva per te la melagrana, perché ti riconoscerò dalle labbra rosse, come nel Cantico dei Cantici, e dalla voce regale… perché hai testa di donna e corpo flessuoso di serpente tentatore; non ridere… lo vedi il cherub dalla spada fiammeggiante che veglia, ci spia, ci fa da delatore?…. oh il perfido eunuco!
I
Invitato da un amico, volontario romito in una ridente casetta, circondata di rosai, per dimenticare nel silenzio e nel profumo una gioventù tempestosa in cui la tragedia della sua anima si compì, accettai l’ospitalità per alcuni giorni.
Il grazioso edificio che mi accolse è bianco come neve, in cima ad una collinetta ammantata di perenne verde. Si chiama Villa della Speranza e questo nome inciso su due piccole leggende di marmo dal fondatore di quella casa, oggi è mezzo coperto dal musco e dall’edera antica.
Vi si accede per tre vie: una di oriente si perde in boscaglie e macchie di pini e palmizii; quella di occidente, più agevole, tra balze e colline coronate dalla lontana visione delle Alpi Marittime; l’altra, più moderna, comoda, ombreggiata, la congiunge alla cittadina elegante e pulita di S. Remo. So che Remo fu ucciso da Romolo, ma non so perché l’abbiano santificato; in ogni modo il nome della leggendaria vittima della prepotenza del primo re di Roma, mi parve un buon augurio per quello che si svolse dopo.
Poiché dopo qualche giorno di quiete in quell’asilo, per la via di oriente arrivò un nuovo ospite, un signore che, dissero, aveva viaggiato l’Asia, visitata l’India misteriosa, tentato il Tibet e confabulato a lungo coi discepoli di Confucio. Uomo poco ciarliero, parve un compagno adorabile. Scarsamente curioso, fumava tutto il giorno come tizzone.
Un secondo amico arrivò in seguito. Un altro nomade impenitente: un italiano che aveva percorso la Francia, la Germania, la Svizzera, l’Inghilterra e poi l’America del Nord, e poi, di ritorno, la Spagna, l’Egitto, la Grecia. Mi parve costui più malinconico del primo. Aveva le valigie cariche di libri e leggeva e rileggeva come assetato di imparare e di erudirsi.
Terzo giunse in un cocchio dalla ferrovia, un romano, ben pulito, ben raso, vestito di nero come in procinto di accompagnare un morto al cimitero. Aveva l’aria di un uomo supremamente annoiato e sbadigliava come un soffietto di organo.
Il desinare del mio amico, padrone di casa magnifico, ci riuniva a tavola: desinari quasi luculliani mangiati in un quasi silenzio da trappisti. Non si sapeva di che cosa discorrere. S’era in cinque e tutti uomini – e il più impacciato di tutti mi pareva l’anfitrione che, signorilmente, servendoci il caffè – il nero e rio caffè – parlò così: “Amico d’ognun di voi, vivo solitario da parecchi anni; l’abitudine di star solo mi fa abborrire le lunghe chiacchierate, ma preparandomi ad accogliere nella modesta casa della Speranza quattro amici come voi, non credevo di aver ospiti quattro affiliati del silenzio. La ragione di tale parsimonia di parole è nella scarsa conoscenza che ognun di voi ha degli altri. Non si direbbe che siete intinti della stessa pece. Permettete che io vi faccia conoscer meglio. Caio Buddi da venti anni ricerca i veri dell’oriente religioso: ha viaggiato, ha interrogato, ha visto; legge il sanscrito come io leggo la cabala dei sogni. Mevio Mefisto ricerca anche egli il segreto di Faust, è in possesso dei libri più rari della medieva Germania, ha rovistato Londra, ha pescato le cose più curiose nei librai antiquarii di Parigi, ha consultato tutte le sibille e gli stregoni e i bramani delle quarte pagine. Sempronio Cristiano conosce tutto il nuovo e vecchio mondo dell’esegesi biblica, tutte le polemiche filosofiche del Cristo, tutte le versioni evangeliche… e sbadiglia per questo, come un cane che abbaia senza voce. Infine tu, vecchio camerata che hai fatto della propaganda di magia in fine del secolo XIX – coraggio di apostolo in ritardo… ed in Italia dove nessun uomo crede negli apostolati ideali”.
Ospite grazioso, le tue sagge dipinture sciolsero la lingua ai commensali di ogni giorno, meglio che dieci bottiglie del tuo nebiolo angelico, e messo in campo l’argomento della verità che si nasconde a chi la cerca, le confessioni piovvero.
Tempo perso per ognuno dei tre. Erano tre sconfitti, tre reduci di una disfatta intellettuale a cui avevano prestato il loro ingegno e tutte le forze della loro cultura varia. Erano tutti stanchi e ritornavano dalla eroica campagna alla vita della mediocrità apparente, pur con l’anima rivolta alla sfinge muta che non risponde ancora l’ultima parola arcana.
A questi tre nella sera del plenilunio parlai cosi: “O benemeriti della coltura religiosa e superstiziosa dei popoli, il vostro lamentevole dire non trova indifferente chi vi ascolta, e, quantunque il mio prezioso ospite mi abbia presentato come un apostolo delle cose morte, io sono il più grande amico della verità viva. Tutti e tre avete sbagliato strada, perché tutti e tre partite da un preconcetto che fuorvia, cioè che l’uomo sia diverso oggi da quello che fu ieri ed anzi peggiore, e che l’oriente e l’occidente non si rassomigliano come gocce di acqua.
Al secolo XX, innanzi alla libera investigazione della scienza positiva, voi cercate di evocare o l’India di Budda, o il fumoso medioevo della tregenda o la teologia dell’ isterismo cristiano cattolico. Questo è un mondo morto che non ha parola viva se la scienza non lo sfronda dalle soperchierie delle favole, delle allucinazioni, dei sogni.
Mutate via e troverete la verità. lo sono lo spirito del tempo e parlo della ricerca della verità nella scienza umana con la liberalità che il criterio moderno consiglia. Una volta si aveva orrore di concedere al popolo i diritti politici, come le caste sacerdotali, possedendo o no la conoscenza del misterioso secreto che cangia l’uomo in un semideo, proibivano ai profani di investigare. Oggi che il potere politico è nelle mani dei popoli più avanzati, ogni problema può essere esaminato da chi con disegno prettamente umano cerca di arrivare alla conoscenza della verità assoluta. Però io biasimo apertamente coloro che, facendo professione di scienza positiva, con criteri ristretti alla materialità della vita sensista ordinaria vogliono analizzare un mondo che altri sensi svelano e non comuni – come detesto i mistici, i poeti, gli empirici dello spiritualismo che si accingono a creare castelli di carte da giuoco. E dico che col buon senso italico, con quel buon senso mediocre che tutti posseggono, la via giusta, spoglia di ogni settario proponimento, deve essere additata ai ricercatori del vero. Filosofi parolai e scienziati di limitati sensi indagativi, devono far posto ad una scuola razionale di cultura che indicherà la via alla massa perché segni il limite in cui il filosofo deve fondersi allo scienziato e camminare alla conquista della verità pro salute populi.
I tre oppressi mi guardarono come un uccello di forme strane. Capivano e aspettavano che continuassi. Ma l’ospite, il meno sapiente, soggiunse: “E tu finora non hai fatto propaganda di magia?”
“Sì, ma esplicandola come concezione antica in rapporto alle conoscenze modernamente diffuse – e anche perché non potevo battezzare con un nome diverso, un nome che non esiste, una scienza o un gruppo di scienze che mirano alla integrazione dei grandi poteri umani nella età moderna. Questa Scuola Integrale Italica la fondo stasera nella tua villa della Speranza, tra un bicchiere di grignolino e un risotto ligure… intanto Budda mangiava e Cristo beveva e Mefistofele v’aggiungeva anche qualche altro intingolo.
E così s’inaugurò un ristretto circolo di amici ai quali esposi le mie idee concretamente, senza fronzoli e declamazioni e pretese letterarie che non ho. Parlavo a persone che avevano già letto, investigato, ricercato molto e che mi potevano intendere senza troppe sfumature d’arte oratoria, quindi risparmio la tonalità di Zaratustra, perfettamente fuor di luogo.
II
La magia, la divinazione, l’astrologia, l’alchimia perché si chiamarono occulte?
Le spiegazioni sono tre: occulte, perché si servirono nelle loro realizzazioni di tutte le forze umane e fisiche ignorate dagli uomini pubblicamente ritenuti per rappresentanti di ogni sapienza nota; occulte, perché in occidente si trovavano in conflitto con la religione padrona dei poteri civili e che condannava ogni manifestazione di miracoli, fuori la chiesa, come eretica; occulte, perché coloro che erano in possesso di verità che gli altri ignoravano, sette o uomini isolati, ne potevano usare ed abusare senza controllo.
Deve perdurare l’aggettivo occulto come l’attributo di queste scienze?
Ragionevolmente sì nel primo significato, perché esistono manifestazioni che la scienza officialmente insegnata non spiega o non riconosce.
Vero è che si discute di psichismo, di poteri psichici, di investigazioni psichiche, ma le forze, in procinto di essere studiate, non sono note ancora e definite.
Negli altri due significati non esistono scienze occulte, perché per stampare o parlare di esse non abbiamo a temere che un tribunale ecclesiastico ci condanni, come condannò Galileo, Giordano Bruno, Campanella, Borri e Cagliostro.
Le forze che non si conoscono chiamiamole latinamente latenti o nascoste[1].
Magia, che sarebbe prettamente classica, suona male a molti orecchi che aborrono l’antico, specie perché della parola se ne è abusato. Sostituiamola con due parole che la spiegano, chiamiamola scienza integrale.
Integrare significa rendere intiera o perfetta.
Integrazione è il metodo complementare per rendere la scienza che officialmente si insegna nelle università completa con lo studio e la conoscenza delle forze latenti nella natura e nell’uomo.
Quindi scienza integrale della natura obiettiva, magia naturale e scienza integrale umana, che è la magia divina, perché risveglia ed esercita e sviluppa in noi gli attributi che l’ignoranza ha finora attribuito agli dii.
Questo in quanto ai vocaboli.
Esplicitamente il programma dei fatti è nello sforzo per migliorare noi e gli altri nella conoscenza della individualità latente in noi; applicare le conquiste alla vita reale, a beneficio dei meno provvisti, combattendo il male sotto qualunque forma di ignoranza e di prepotenza.
Chi si sente di apporre la propria firma a questo programma ideale deve considerarsi liberamente un compagno nostro, in nome della Luce che dà la scienza contro ogni superstizione religiosa e settaria, affinché questa terra sulla quale ritorneremo senza che le trombe della Apocalisse suonino il risveglio dei morti, trovi un popolo grande di fratelli che ci vendichi dei dolori che le pazzie delle forme religiose hanno seminato a larga mano nei secoli, e le furie sacerdotali, vere delinquenze di teocrazie malvage, hanno incollato alla storta dell’anima istintiva che in ognuno di noi perpetua il ricordo atavico.
Non so se saremo pochi o molti. Io ho desiderato sempre i pochi di buona volontà ai molti di tiepida fede nella cosa che intraprendono a studiare o praticare.
La parola e l’esempio dei pochi trasformerà, come la polvere di proiezione degli alchimisti, centomila volte il numero. Così si propagò il Pitagorismo nella Magna Grecia – un precursore del cristianesimo ideale, non cattolico e non protestante. La nostra scuola prettamente investigativa non deve essere presa per filosofia nel senso parolaio e propiziare ai novelli teologi un campo di chiacchiere nuove da mietere con la falce di Saturno.
III
Questo animale misterioso, orgoglioso di sapienza e di intelligenza, che domina sulla terra tutta la scala degli esseri dotati di movimenti, non ancora ha squarciato il velo che copre le sue origini e nasconde la fine del suo viaggio. Fino a quando la soluzione dell’enimma non sarà di dominio pubblico, vi saranno chiese, pagode, sinagoghe e moschee. Se una direzione nuova, fuori le linee delle vecchie cancrenose carcasse dei templi incammina le masse sottratte all’analfabetismo verso l’ideale della fratellanza e dell’amore come la più sicura e naturale soluzione di bene sociale, un gran passo sarà fatto.
Però non si creda un fuor d’opera ozioso lo studio della sapienza sacerdotale degli antichissimi. Gli antichi ci furono inferiori in moltissime cose, ma la scienza dell’anima umana presso i loro sacerdozii raggiunse il secreto della divinità. Quelli che non conobbero il telegrafo senza fili, il radium, il dirigibile, l’automobile e l’areoplano scrutarono a fondo l’anima dell’asservito alla tirannia delle caste e l’anima delle folle.
Le teocrazie non si occuparono che dell’uomo e apparentemente degli iddii. L’uomo era l’unico nemico del potere divino, e le religioni di stato vollero sempre il dominio della scaltrezza sulla ferocia delle masse. E fu vera scienza quella che notomizzò il pericolo permanente al dominio dei pochi – scienza oggi nel mondo ancora bambina, perché il cristianesimo cattolico e i relativi governi da poco tempo hanno rinunziato alla esclusività industriale di occuparsi dell’anima umana. Non ancora è spuntato lo storico dei delitti della fede religiosa contro il benessere della società ostacolata in ogni passo verso la conoscenza dell’anima.
Non sono gli uomini che compiono le grandi rivoluzioni: è l’ingiustizia delle lunghe prepotenze che le maturano. Il cristianesimo nacque rivoluzionario e continuò tiranno della mente umana, ed è condannato o a ritornare alle origini semplici della fede, o a trasformarsi, o a perire. Le cristallizzazioni appartengono al mondo minerale e non a quello delle idee umane.
Il cristianesimo politico e ignorante della scienza dell’anima umana di cui volle e pretende ancora conservare il privilegio, produsse quel convenzionale medioevo in cui si sommerse l’antico, e dette origine al rifiorire della cultura magica contro la chiesa di Paolo e di Pietro; magia ebraizzata come indice di protesta a un gruppo di ebrei scismatici che avevano dato un figlio al terribile Jeve, e diabolica in opposizione alle divinità nuove. Così, come il cristianesimo primitivo assorbe i poteri teocratici, le forme, le pompe, i riti della teocrazia, la magia e la stregoneria perpetuano, in geroglifici strani e paurosi, gli oscuri enunciati della scienza dell’anima, nei ruderi delle superstiti conoscenze dei tempii antichi.
Questa magia di scuola, che dette uomini come Arnaldo da Villanova, Raimondo Lullo, Pico della Mirandola, Bacone, Berigardo di Pisa, Giovanni Battista Van-Helmont, Alberto Magno, Olao, Avicenna, Tritemio, Paracelso… non deve essere confusa con la magia della patologia isterica che portava al rogo i pretesi affiliati dei saturnali dell’Astarotte.
Da quella prima magia di scuola scaturisce il grande fiume delle conoscenze moderne in ogni campo d’investigazione: la fisica, la chimica, la scienza delle forze psichiche e dei poteri fantomatici degli uomini, l’ ipnotismo e la suggestione come strumenti terapeutici, e sorgeranno ancora: una esatta conoscenza delle potestà latenti nell’organismo umano, complemento alle scienze biologiche, e forse l’intuizione della ultima evoluzione della specie.
IV
Tracciare un programma di studi e sopratutto il programma di una scuola, in brevi pagine non è cosa agevole. Ma la brevità non mi sarà ascritta a colpa. La Scienza Integrale, ridotta la magia pratica e le mirabolanti istorie e disquisizioni di tutti i colori che oggi fanno le teologie poetiche in tutti i temi musicali, alla possibilità della scienza accertata, non deve illuderci come una panacea facile di miracoli, né farci obliare il fine delle ricerche.
Scopo dell’integrazione è l’uomo. Non perdetelo di vista mai. Lasciate per ora i diavoli e i santi e gli arcangeli dove si trovano. Ogni vostra esperienza deve essere fatta sull’uomo: non su di un uomo, ma su di voi stessi che appartenete alla orgogliosa rappresentanza dell’Olimpo in terra.
Laboratorio economico, lo portate costantemente dove vi piace.
Mettervi in un grande equilibrio fisico e intellettuale, con un regime di vita sobria, senza sforzi che vi conducano nella schiera dei nobili asceti, osservare in silenzio, nel sacro silenzio che separa l’adepto dalla vanità della parola, non è la cosa supremamente difficile. In voi si propizia così lo sviluppo della intelligenza ermetica, cioè il potere sottile e penetrativo della mente umana che ci avvicina alla realtà insita delle cose che colpiscono i nostri sensi umani. Per intenderci di che voglio parlarvi, vi dirò pedestremente il significato di questa conquista. Se studiate un problema di algebra e non riuscite a trovarne la soluzione, né sperate di riuscirvi, e si affaccia, fuori ogni premeditazione di logica ricerca, improvvisa una determinazione del vostro intelletto, che vi dà la via vera, che voi troverete vera, quella che in voi si è prodotta è una luce intellettuale che viene dalla parte più ‘nobile di voi stessi, che pare per la sua sottilità una ispirazione a voi estranea: questa è intelligenza o luce ermetica.
Nello scolaro risolve la breve questione della vita del liceo; nell’artista, dà la penetrazione delle forme e il senso dell’arte; nello scienziato la illimitata conquista della ricerca.
Ermete è il nome greco del latino Mercurio. Nebo, Ermes, Mercurio, Lucifero, Spirito Santo sono sinonimi dello stesso stato di essere della intelligenza umana le cui leggi secrete ancora agli uomini sono occluse.Tutte le forme più divine sono possibili se con allenamento graduale questa lucente stella del nostro mondo mentale si scovre dalle nuvole che tutte le nostre imperfezioni disquilibranti fanno più dense. Può arrivare allo stato di genio, come nella forma del demone di Socrate; di Nume, come in Apollonio di Tiana; di Dio Padre, come nel tipo solare del Cristo.
E’ questa intelligenza che da luce si converte in forza e dà le forme di magia oggettivante, dal magnetismo alle proiezioni di forze psichiche, alle forme di medianità diverse, attraverso i fenomeni delle quali vigila un’ intelligenza inafferrabile, che l’uno ritiene spirito di morti, l’altro demone e un terzo angelo.
La scienza delle Religioni vi ricorda che si risveglia nel silenzio e nella purità dell’ innocente questo dio proteiforme in voi. è vero o no? Non giurate nella parola dell’uomo e lasciate che la lotta per afferrarlo e definirlo sia impegnata tra voi e lui. Ma ricordatevi che anche il cristianesimo nacque infante, cioè non parlante, da cui il simbolo del bambino che regge il mondo.
V
Se studio un problema di geometria o percepisco una ragione riposta che armonizza due cose apparentemente contrarie, sono il senno penetrativo di Ermes.
Son sempre io e sempre uno.
Ora una cosa sola è provata dalla esperienza: quando l’uomo è sano di corpo, senza appetiti, senza desiderii, in pace con sé stesso, in pace con i suoi simili e con le cose che lo circondano, è nella pienezza del suo potere giudicante. La neutralità dell’uomo di fronte allo spettacolo del mondo obiettivo lo avvicina alla verità immutabile delle immagini sensazionali che lo colpiscono, perché le appariscenze neutre delle cose del mondo sono concepite attive o negative secondo lo stato neutro, attivo o passivo dello spettatore.
Che cosa voglio intendere per neutralità? Aiutatemi con la vostra penetrazione ermetica a spiegarmi. Le cose non soggette a mutare l’aspetto loro, perché considerate senz’anima e senza passioni, sono costanti per natura loro (neutre) nell’apparenza che colpisce i nostri sensi. Se a questa immobilità ipotetica della loro struttura, l’uomo contrappone uno stato di concezione o percezione sensitiva senza desiderii cioè senza turbamento di quegli stessi sensi che devono dargli l’idea delle cose, le vede e le sente come sono, cioè il più neutralmente possibile, cioè il più vero che sia concesso a lui.
Un chimico che attentamente analizza un corpo con le regole e gli apparecchi proprii alla sua bisogna, è uno spettatore neutro in cui l’Ermete della sua mente trova facile la manifestazione dei suoi poteri adatti. Un matematico che studia e svolge una formola o un calcolo è neutro innanzi all’aspetto delle linee o dei caratteri che egli ha tracciati.
Appena la neutralità dell’osservatore è scossa, comincia uno stato di interesse o partecipazione al risultato voluto e qualunque manifestazione intellettiva sgorga maculata dal desiderio e falsa. Questo si osserva in migliaia di esempi nella terapeutica in medicina, quando il medico per le sue cognizioni ha già le sue idee fatte sul percorso della malattia.
Nello spiritismo, di cui tutti più o meno siete un po’ infarinati, nel maggior numero dei casi la medianità scrivente non riesce che ad accumular chiacchiere, poiché i pretesi medii non sono neutri, e con o senza stato ipnotico e di trance, mescolano novantanove parti di piombo della loro mentalità cosciente o incosciente a un centesimo di oro ermetico[2].
Spesso poeti, improvvisatori, romanzieri, sono i più perfetti medii appunto perché conservano la loro neutralità: credendo di far cosa di arte dilettevole, non si preoccupano di ciò che scrivono o cantano e lasciano parlare integralmente l’ermete loro.
L’aspetto delle cose che colpiscono i nostri sensi, benché costante alla fotografia, nella riproduzione delle tinte varia col variar della luce. In noi che abbiamo naturalmente un meccanismo di riproduzione superiore al semplice obbiettivo fotografico, l’aspetto delle cose varia non solo per differenze luminose, ma per lo stato morale in cui ci troviamo quando le cose prendiamo in esame.
Ciò dimostra che la visione del mondo, in cui si può leggere il bene e il male, ha tanti aspetti soggettivi diversi per quanti sono gli uomini e per quanti possono essere nello stesso uomo gli stati e le sfumature passionali.
Sani di corpo o malati, sonnolenti o allegri, addolorati o beati, le cose che ci circondano ci parlano differentemente.
A intendere l’aspetto vero delle cose occorre lo stato di neutralità perfetta che ci è dato dal perfetto equilibrio di noi stessi.
[continua]
Giuliano Kremmerz
NOTE
[1]– Psiche, psichismo, oggi adoperate largamente, sono parole di un valore incerto, approssimativo come le parole anima, animismo, incosciente.
[2] – Nel “Mondo Secreto” (1898-99) parlai a lungo delle simili nature, pretese manifestazioni spiritiche, che si formano nella coscienza del medium per mancanza di neutralità.