di Mario Krejis

Se dovessi descrivere in due parole lo stato attuale dell’Esoterismo Italiano, direi che il termine per me più appropriato sarebbe: calma piatta.

L’Oceano dell’Inconscio Collettivo assomiglia più a un enorme lago, che a un mare in tempesta, che il vento della verità solleva in onde schiumose e in pericolosi mulinelli. Tutto sembra languire in un silenzio quasi assoluto, interrotto da qualche sussulto d’entusiasmo, che si estingue quasi subito nel vuoto di un’apatia generale.

Come medico sono abituato a fare la diagnosi, prima d’impostare la giusta terapia. Allo stesso modo vorrei capire perchè le tante voci che richiamano l’attenzione sulla Spiritualità – voci sincere o interessate, in buona o in cattiva fede – restano persistentemente inascoltate.

Molti leggono distrattamente qualche pagina su Facebook, a condizione che non sia troppo lunga e sia corredata di belle foto, riassumendo in quattro o cinque frasi tutto ciò che i nostri antenati appresero in vite intere, dedicate a spingere la lumaca terrestre ad uscire dal guscio.

O Tempora, O Mores!… inveiva il grande Cicerone, puntando l’indice verso lo sfortunato e livido Catilina.
In effetti i tempi moderni confringono coi sistemi di conoscenza antichi, che postulavano l’ascesi come un lunghissimo tirocinio verso la verità e la Luce. Tuttavia, purtroppo per noi, le cose non sono molto cambiate rispetto al passato.

Al contrario si pretenderebbe oggi di trasformare l’uomo in poche ore, quanto dura la lettura dell’ultimo libro dell’ennesimo talent scout di iniziati, che si crede un luminare e pensa d’essere il detentore di chi sa quale verità. Ma il tempo, inesorabile meccanismo di purificazione, spunta le ali ai galletti e riversa il suo potere soporifero sui molti che pensavano di realizzare sé stessi e che invece hanno perso solo tempo.

O Tempora, O Mores!

Viviamo nel Kali Yuga e l’Ombra domina anche nell’Età dell’Acquario, che i mistici della New Age strombazzano a destra e a manca evocando per l’ennesima volta l’immagine prometea dell’homo faber fortunae suae, corroborata dalle scoperte della Nuova Fisica e dagli straordinari progressi tecnologici che hanno caratterizzato gli ultimi cinquant’anni.

Nulla di nuovo sotto il sole. Ma io, che sono pessimista, non vedo nulla all’orizzonte che somigli a quel risveglio collettivo che dovrebbe preludere, forse tra centinaia di anni, a una nuova Età dell’Oro. L’uomo non è cambiato: i suoi istinti, le sue reazioni emotive, i suoi meccanismi mentali sono tal quali a quelli dei nostri bisnonni, con qualche incrostazione in meno di misticismo cristiano, spazzato via dal libertarismo sessuale e dall’interpretazione anarcoide della democrazia. Se ciò sia stato un male o un bene, lascio al lettore decidere.

Le regole cristiane dei buoni pensieri, buone parole e buone opere servivano a controllare l’impulsività e la violenza della fiera umana quando sottratta, dalla paura, alla suggestione di una strada senz’ostacoli verso la vita eterna. Il pensiero della morte, come la malattia, la sofferenza e le innumerevoli prove della vita, sono la frusta che fa trottare anche i più pigri e che rende agnelli i lupi più feroci.

Nulla è veramente cambiato rispetto a un tempo, se non l’idea fallace che l’iniziazione allo Spirito sia accessibile a tutti, compresi quanti che non son disposti a spendere un solo minuto per elevare una preghiera a Dio, preferendo impiegare il loro tempo nella lettura dell’ultimo giallo di Ken Follet, piuttosto che cimentarsi coi contorti ragionamenti degli antichi alchimisti.

Così la pensano i molti che gridano ai quattro venti le favole di iniziazioni miracolose, enunciando le qualità dell’uomo perfetto, ma sempre e immancabilmente proponendo sé stessi come maestri, da cui dovrebbe scaturire tutta la verità. Se però fosse come dicono, che bisogno avrebbero di scriverlo o di organizzare corsi a pagamento? Certo vi sono le eccezioni, che però confermano la regola.

Nel secolo scorso un famoso esponente dell’Ermetismo Italiano pubblicò un articolo contro il Kremmerz, reo ai suoi occhi d’esser stato troppo di manica larga nell’elargire insegnamenti riservati agli iscritti della Miriam.

L’articolo s’intitolava: Il diritto di non dare. Giunto all’età della saggezza, devo ammettere che quel famoso iniziato aveva ragione.

Un Maestro non deve mai scegliere arbitrariamente i suoi discepoli, senza rispetto per la loro autentica valenza spirituale. D’altra parte ciò implica che il diritto di ricevere dev’essere il frutto di un’accurata cernita interiore.

Tale cernita non la si compie razionalmente. Essa avviene per risonanza naturale tra due anime che si attraggono e si fondono in un rapporto di lealtà e di amore. Così si trasmette la vera conoscenza: attraverso l’emozione e la vibrazione interiore, in un modo che molti filosofi contemporanei non potrebbero comprendere, perché ignorano il vero significato della parola Amore.

Tutto il resto è vomito intellettuale. Così avviene, purtroppo, nel campo iniziatico. E se qualcuno mi chiedesse se per l’uomo contemporaneo le cose sono più facili di un tempo, risponderei che non è così, a dispetto di quanto si suole generalmente credere.

Anzi è vero il contrario. La modernità, il benessere, l’universo tecnologico in cui siamo immersi, la vita frenetica, l’incessante ricerca di guadagni, hanno sprofondato la tenera fiammella dell’anima sempre più profondamente nell’inconscio. Chi volesse risvegliarla, facendola divampare in modo che bruci le resistenze della mente congestionata e proiettata verso l’apparenza, dovrebbe compiere uno sforzo titanico di cui ben pochi sarebbero capaci.

Si può farlo, è vero, ma solo se si è determinati e si possiede quella spinta interiore che, come inspiegabile forza, sospinge alcuni verso la vita spirituale. Come dicevo, però, si tratta solo di una debole fiammella, che occorre mantenere viva alimentandola con lo studio continuo e la buona pratica di vita.

Insomma è come per il serpente che si mangia la coda: non si può evolvere sino a quando, modificando la propria sensibilità e la propria consapevolezza, non si stabiliscano nuove priorità che riguardano la propria trasformazione in senso olistico (unità di mente anima e corpo). D’altra parte non si possono modificare i propri parametri interiori, se prima non si dispone della giusta dose di volontà o di disperazione.

Quindi volontà oppure disperazione. Sono le sole molle che possono aiutare il processo palingenetico, che in tempi imprecisabili condurrà l’iniziato a realizzare un primo e fecondo contatto con la sua interiorità.

La volontà dev’essere esercitata. Alcuni sono volitivi per loro natura. Altri devono imparare a volere e a lottare per le cose che desiderano, con un allenamento continuo. Si tratta di un percorso difficile, dove il Maestro o la Strada Spirituale contano poco. È piuttosto un lavoro certosino da compiere su sé stessi, che presuppone un barlume di autocoscienza che funga da spinta interiore.

Oppure agisce la disperazione, l’infelicità o il dolore fisico, che spinge avanti l’iniziato con un’energia irresistibile, pur nell’egoistico tentativo di salvare sé stesso preservando la salute e l’integrità della propria coscienza.

In definitiva bisogna imparare a rinunciare al superfluo, per aspirare al meglio; oppure si deve macerare nella sofferenza, perché alla fine la Natura faccia il suo corso e si realizzi un vero e proprio Reset, talvolta drammatico e traumatico, del proprio mondo mentale, emozionale e fisico.

Si tratta di eventi destabilizzanti e dolorosissimi, al punto da mettere a repentaglio la stabilità psichica della persona ma che, dal nostro punto di vista, hanno alcunché di miracoloso. Si pensi alle straordinarie conversioni intervenute dopo una grave malattia o ad episodi di premorte. O alla comparsa di nuove attitudini psichiche geniali dopo un grave incidente o un doloroso lutto.

Tuttavia esistono forme di reset più modeste, meno eclatanti, pur se comunque utili. Per esempio, la perdita del posto di lavoro o l’abbandono di un coniuge possono far crollare un equilibrio mentale cristallizzato su vecchi schemi del passato, che tenevano prigioniera la persona in un labirinto di paure, di abitudini mentali e di sensi di colpa.

Insomma, nel Reset si azzera tutto e si riparte. Una porzione del vecchio uomo muore, ma per ogni piccola e dolorosa morte, una nuova rinascita prende piede, secondo modalità di evoluzione più consone allo stato naturale dell’individuo, cioè alla sua vera essenza spirituale, che gli Ermetisti italiani definiscono Uomo Storico.

Anche con i riti dell’Ermetismo si auspica un Reset progressivo e totale dell’iniziato. Se vediamo le cose in questo modo, forse comprenderemo i veri meccanismi dell’ascesi, fuori di ogni logica mistica e superstiziosa. Si crede comunemente che il valore del Rito sia nella sua capacità di trasformare il discepolo.

Ma come? I più tradizionalisti affermeranno che il sentimento non c’entra e che alla base della cosiddetta Magia Trasmutatoria agiscono cause incomprensibili e probabilmente soprannaturali, date le possibilità remote di una vera riuscita. In parole semplici, essi non credono che si possa cambiare recitando semplicemente un salmo in latino o le potenti invocazioni della Tradizione Esoterica o religiosa.

Si sbagliano. La verità è nel principio che ho esposto. D’altronde esempi di Reset spirituale si trovano non solo nella Tradizione Ermetica, ma anche nelle Religioni Confessionali, prima tra tutte il Cristianesimo.

Narrano gli anziani dell’Ordine Osirideo Egizio che i Maestri di alto rango, completati i cicli di pratiche alchemiche, dovevano aspettare pazientemente un segno divino, che avrebbe sancito il loro passaggio nel novero dei Realizzati, di coloro cioè che avevano conseguito un primo grado di integrazione col proprio Nume personale.

Tale segno era quasi sempre rappresentato da una grave malattia o da un evento psichico destabilizzante, che metteva in pericolo la vita dell’iniziato, il quale veniva curato amorevolmente dai suoi confratelli, che si alternavano al suo capezzale aspettando che riaprisse gli occhi tornando in possesso delle proprie facoltà mentali.

E quando ciò alla fine si verificava, tutti gli iniziati si raccoglievano intorno al miracolato per fargli festa e dargli il benvenuto nel novero dei Maestri di Osiride. In effetti, al di là del valore aneddotico dell’evento descritto, spesso il risvegliato manifestava realmente nuove capacità e poteri che prima gli erano preclusi.

La malattia aveva probabilmente compiuto il miracolo, distruggendo ogni resistenza mentale alla manifestazione dell’Eone Alchemico, che poteva così finalmente assidersi sul trono del suo stesso corpo. Ovviamente ciò accadeva nei pochi casi di Maestri autentici, giunti cioè all’integrazione spirituale, non certo nella generalità dei casi, specie nelle fasi crepuscolari della storia di quell’Ordine magico ormai scomparso.

Analogamente, nel mondo cristiano, Francesco di Assisi non sarebbe mai divenuto il grande santo che conosciamo, se il destino non lo avesse condotto verso esperienze dolorosissime, che alterarono profondamente il suo stato mentale operando un magico Reset e aprendo le porte della sua coscienza alla manifestazione delle sue vere attitudini spirituali.

Dopo la sconfitta di Assisi contro Perugia, nella battaglia di Collestrada (1202), il giovane Francesco fu arrestato e patì la prigionia e immense privazioni. Si ammalò gravemente, subendo un grave trauma psicologico. Anche il suo tentativo di partecipare alla Crociata del 1203 fallì miseramente. Allora, mentre tentava di raggiungere la corte di Gualtieri III° di Brienne, a Lecce, si ammalò nuovamente e stette per morire.

Fu in quel momento di estrema sofferenza che qualcosa scattò in lui di grandioso e inaspettato ed egli, nel baratro della disperazione, vide finalmente la luce. Cominciarono così le sue visioni e il Cristo gli parlò, affidandogli una nuova missione: diventare il soldato della carità e dell’amore.

Egli cambiò radicalmente, spogliandosi di ogni ricchezza. Il vecchio uomo impulsivo e violento, primo tra i suoi compagni soldati, era morto per sempre. Al suo posto era emersa una personalità diversa, che stupì familiari e amici per il coraggio e l’incoscienza delle sue scelte. Un bell’esempio di Reset dell’anima.

In definitiva, e questo è il senso delle mie parole, il vero meccanismo della Strada Isiaca è nella sua capacità di cambiare profondamente la sensibilità dell’iniziato, modificando dolcemente il suo equilibrio mentale fino a produrre, nel corso di molti anni, un rinnovamento più o meno completo della vecchia personalità. La differenza è che nell’Ermetismo l’amore prende il posto della sofferenza e l’emozione quello della paura e dell’insicurezza. Nella strada spirituale, infatti, il candidato alla Magia dell’anima è sottoposto alla forza trasmutativa per eccellenza che, come si è detto, è l’amore.

Ma di quale amore si tratta? Non è certo l’amore sentimentale, anche se quest’ultimo contiene a volte dei semi di vero amore. Molti innamorati sono capaci di profondi cambiamenti, che spesso si riflettono sulle proprie scelte di vita e sui propri atteggiamenti interiori.

Uno scapestrato può mettere la testa a posto e farlo per amore, se la sua innamorata riesce a far presa sulla sua unità psico-fisica attraverso l’attrazione, la seduzione o una semplice risonanza intellettuale. Ciò è quanto avviene nelle coppie che danno vita a rapporti più o meno felici e duraturi, che sfociano talora nella convivenza o nel matrimonio.

Solo in pochi casi, però, il vero amore si fa strada lungo le vie contorte dell’attrazione, della sessualità e dell’abitudine, illuminando quel rapporto di una luce brillante di gioia e dedizione incondizionata. In tali casi l’amore, quello vero, equivale a una strada spirituale o a un genuino sentimento religioso. Esso produce un profondo cambiamento, modifica la propria sensibilità, genera emozioni positive e predispone all’equilibrio e alla felicità.

Il vero amore può diventare una forza propulsiva di cambiamento e di evoluzione, in un rapporto completo nel quale i due amanti si alimentino energeticamente su tutti i piani. Allo stesso modo anche la fede religiosa può determinare nell’uomo pio dei cambiamenti incredibili, generando sentimenti sublimi di carità e di amore per la Divinità.

L’estasi dei mistici visionari non è molto diversa dallo Stato di Mag (cioè di esaltazione emotiva) dell’iniziato ermetista, o dal sentimento esaltante e masochistico degli antichi Cantori della Rosa. Se non che l’iniziato solare, temprato nell’Alchimia, conoscendo le leggi dell’Invisibile, impara ad applicare all’amore la volontà, cosa impossibile per il credente o per il discepolo della Strada isiaca, che pone invece la sua sensibilità in uno stato passivo di semplice apertura verso la propria anima storica o le influenze superiori.

Come il lettore può capire, non pongo la Strada Spirituale su un livello diverso da qualsiasi altra strada trasmutativa dell’essere umano, che hanno tutte in comune la stessa cosa, cioè l’amore. La differenza, se mai, consiste nel carattere scientifico della realizzazione ermetica che, se le premesse e le condizioni sono giuste, ottiene immancabilmente il risultato, che negli altri casi è solo una remota possibilità.

Mi rendo conto che la mia visione potrà non soddisfare alcuni, ma è così. La strada spirituale è un percorso dinamico, che riguarda la persona che lo compie e che, almeno all’inizio, prescinde da qualunque intervento esterno.

L’essere umano contiene parti inconsce non accessibili alla Psicoterapia o a qualsiasi analisi scientifica. È però solo manifestando le proprie forze inconsce, che si potranno fare dei passi in avanti nella trasformazione ermetica o, per usare le parole di C. G. Jung, nel senso di un’individuazione della propria interiorità.

Ogni candidato all’Ermetismo dovrà dunque sguainare la sua spada, cioè tentare di integrare il proprio Uomo Storico, per combattere la sua crociata contro le forze oscure del dubbio e dell’illusione. Si vedrà in seguito, per dirla col Kremmerz, se si tratterà di uno spadino o di una Durlindana Magica.

Mario Krejis